LinkedIn e l’addestramento dell’intelligenza artificiale: dal 3 novembre i dati degli utenti saranno usati, salvo loro opposizione.

Dal 3 novembre 2025, LinkedIn inizierà ad addestrare i propri sistemi di intelligenza artificiale generativa utilizzando i dati personali degli utenti europei che non si saranno espressamente opposti. L’annuncio, pubblicato in sordina nelle impostazioni del profilo, ha sollevato l’attenzione delle autorità garanti europee e l’indignazione di molti professionisti.
Il meccanismo introdotto da LinkedIn si basa sul principio dell’opt-out: l’uso dei dati è attivo per impostazione predefinita e spetta all’utente disattivarlo manualmente. Non viene dunque richiesto un consenso preventivo, ma LinkedIn ha adottato la base giuridica del “legittimo interesse” per l’addestramento dei propri modelli, un’interpretazione quanto meno discutibile nel contesto del GDPR.
Il trattamento riguarda:
- dati pubblici di profilo (nome, qualifica, località, esperienze, competenze);
- contenuti pubblicati (post, articoli, commenti).
Sono esclusi i messaggi privati, ma il resto delle interazioni potrà essere utilizzato per migliorare gli algoritmi di generazione e raccomandazione dei contenuti.
Il Garante per la protezione dei dati personali ha pubblicato un avviso (doc. web 10183919) chiarendo che gli utenti possono esercitare il diritto di opposizione previsto dall’art. 21 del GDPR. Chi desidera evitare che i propri dati alimentino l’intelligenza artificiale di LinkedIn deve intervenire prima del 3 novembre 2025, altrimenti l’esclusione varrà solo per i dati successivi.
Quindi rimangono solo 4 giorni di tempo.
Sulla pagina dedicata del sito del Garante sono indicate le modalità per disattivare l’opzione Usa i miei dati per addestrare modelli di IA generativa.
Questo episodio non è isolato. È la conferma di una tendenza sempre più aggressiva delle piattaforme a riutilizzare i dati degli utenti per fini propri, spesso lontani dalle finalità originarie del servizio.
Per LinkedIn, nata come rete professionale, la deriva verso la monetizzazione dei profili e delle relazioni professionali è ormai evidente.
Da parte nostra, abbiamo scelto da tempo di uscire da LinkedIn proprio per evitare che la nostra presenza nel social media ma soprattutto le nostre interazioni professionali diventassero merce algoritmica.
Questa nuova politica ne è la conferma: in un contesto in cui il valore dei dati personali continua a essere estratto senza un consenso realmente prestato, la tutela della sfera informativa dei professionisti resta – a nostro avviso – una priorità assoluta.
Riteniamo che anche questo fatto risponda chiaramente a coloro che ci domandano “ma non siete sul LinkedIn?”.
